Skip to main content
di Peppe Iannicelli

Sapori e turismo. Il rapporto è profondamente cambiato negli ultimi anni. Il sapore di una pietanza era il piacevole, o sgradevole, ricordo di una vacanza. Oggi la ricerca di quel sapore è diventato uno dei più importanti motivi ispiratori del viaggio stesso. I “gastronauti” sono pronti ad attraversare oceani e volare per migliaia di chilometri pur di gustare una ricetta speciale. Questa rivoluzione sta cambiando profondamente anche il lavoro degli operatori turistici. Non basta più inserire nel programma della giornata un generico “pranzo in ristorante tipico”. Bisogna esser precisi e dettagliati sul ristorante prescelto, sul menù che sarà proposto, sugli ingredienti utilizzati. E diventano sempre più trendy i tour enogastronomici che prevedono severe lezioni di cucina. In questo contesto, gli uliveti e l’olio sono formidabili attrattori. Una fusion importante di storia e mito, cultura e tradizione, territorio e ambiente, colture e benessere. Le mete olearie sono tra le preferite specialmente nel bacino del Mediterraneo con l’Italia in prima fila. “Le esperienze più ricercate includono attività interattive, come assistere al processo di produzione (70%), partecipare alla raccolta delle olive (64%) e cenare tra gli uliveti (65%)”, osserva la professoressa Roberta Garibaldi una delle principali esperte internazionali di turismo enogastronomico già AD di Enit.

In che misura i gusti enogastronomici orientano la scelta delle destinazioni per un viaggio o una vacanza?

Le nostre ricerche evidenziano che nel 2023 la totalità dei turisti italiani ha dichiarato di aver vissuto almeno un’esperienza enogastronomica durante i viaggi degli ultimi tre anni, con il 67% che ha partecipato ad almeno cinque esperienze, un incremento rispetto al 42% del 2021. Anche il numero di viaggi motivati principalmente dall’enogastronomia è in costante aumento: dal 21% del 2016 si è arrivati al 58% nel 2023, dimostrando quanto l’interesse per il cibo e il vino sia diventato centrale nelle decisioni di viaggio degli italiani.

Quali sono gli elementi-chiave del turismo enogastronomico?

I principali driver che influenzano la scelta delle destinazioni per il turismo enogastronomico si possono riassumere in tre elementi chiave: varietà dell’offerta, accessibilità e sostenibilità. Il 63% dei turisti italiani desidera scoprire nuove destinazioni e diversificare le attività, preferendo proposte autentiche e originali, spesso a contatto con la natura, oltre ad esperienze culturali ed artistiche. Il 75% dei viaggiatori ritiene decisivo poter partecipare a degustazioni, pranzi e cene realizzati solo con prodotti locali. L’accessibilità delle informazioni e la facilità di prenotazione rappresentano un fattore determinante per chi viaggia con il 63% degli intervistati esprime il desiderio di poter prenotare online le visite alle aziende di produzione.  La possibilità di vivere esperienze a basso impatto ambientale è considerata essenziale nelle scelte di viaggio. Inoltre, la sensibilità dei turisti non si limita alla sfera ambientale, ma si estende anche a quella sociale.

E le destinazioni preferite dagli italiani?

In primo luogo, le mete domestiche come Toscana, Emilia-Romagna e Sicilia, a seguire il Piemonte e la Campania.

L’olio è ed è stato tante cose: alimento, condimento, unguento, farmaco, cosmetico, combustibile. Quali sono le principali e più amate destinazioni turistiche olearie?

Oggi, il turismo dell’olio è una forma sempre più apprezzata di turismo esperienziale, che permette ai visitatori di esplorare luoghi, storie e persone dietro a questo prodotto millenario. Tra le destinazioni olearie più importanti si distinguono regioni italiane come la Toscana, l’Umbria e la Puglia. Oltre alle destinazioni italiane, anche altre regioni del Mediterraneo sono rinomate per il turismo dell’olio tra cui l’Andalusia in Spagna e Kalamata nel Peloponneso greco.

L’Italia che ruolo gioca in questa competizione olearia e turistica globale?

Con oltre 250 milioni di ulivi e ben 550 varietà autoctone e 43 Dop legate all’olio extravergine di oliva, l’Italia vanta un patrimonio inestimabile e una risorsa lo sviluppo delle regioni italiane. Il turismo dell’olio, un settore con interessanti prospettive di crescita, rappresenta un modello di sviluppo sostenibile per le aree rurali italiane. Oltre all’impatto economico, sostiene il mantenimento delle pratiche agricole tradizionali e incoraggia le aziende a sviluppare progetti di responsabilità sociale.  Secondo le nostre ricerche, il 72% dei turisti italiani mostra un forte interesse nell’acquisto di olio d’oliva a prezzi competitivi durante le visite ai frantoi, mentre il 70% desidera partecipare a degustazioni che includano l’olio in abbinamento a prodotti locali.

Quali sfide da vincere ancora?

Nonostante l’interesse crescente per il turismo dell’olio, la partecipazione tende ad essere più alta tra i visitatori over 65 (23%) e più bassa tra i giovani adulti di età compresa tra 18 e 34 anni, suggerendo un potenziale di mercato ancora poco sfruttato tra le generazioni più giovani. Per attrarre un pubblico più giovane, è fondamentale diversificare le offerte e adottare strategie digitali. Inoltre, offrire esperienze uniche, come la possibilità di partecipare alla raccolta o di seguire tour storici con narrazioni immersive, potrebbe migliorare l’appeal delle attività olearie.

Quanto è importante conoscere e apprezzare il patrimonio enogastronomico per vivere pienamente da viaggiatori consapevoli l’esperienza di una destinazione?

La valorizzazione del patrimonio enogastronomico permette di sostenere le economie locali e di preservare pratiche e saperi che rischierebbero altrimenti di scomparire. Viaggiare con consapevolezza significa riconoscere il valore intrinseco di questi patrimoni e contribuire alla loro tutela, promuovendo un turismo sostenibile e responsabile.  In particolare, realizzare esperienze enogastronomiche nelle aree rurali, ricche di patrimoni culturali e gastronomici rappresenta inoltre un atteggiamento sostenibile, che contribuisce a distribuire i flussi turistici. Questa decentralizzazione è un modo efficace per decongestionare le aree in overtourism. In questo modo, la scoperta dei patrimoni enogastronomici delle aree rurali diventa anche una strategia per rivitalizzare questi luoghi, sostenendo le economie locali, favorendo la permanenza della popolazione e contrastando l’abbandono delle zone agricole.